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Perché amiamo le storie dell'orrore?

  • FlaviaFederico
  • 3 lug
  • Tempo di lettura: 3 min

donna con velo in testa e con un diario in mano

Anni fa mi trasferii in una casa a pochi passi dal mare. Era la mia prima esperienza da sola ed ero elettrizzata all’idea dell’indipendenza in un posto tutto mio! Già dai primi giorni però mi accorsi che qualcosa non andava, ogni notte qualcuno bussava alla mia porta, incessante fin quando non mi alzavo a controllare dallo spioncino ed ogni volta chi bussava se n’era già andato via. La seconda settimana andò come la precedente, appena gli occhi mi si chiudevano i colpi iniziavano, così la terza notte della terza settimana, esausta, mi alzai corsi alla porta e l’aprì. Nessuno. Il pianerottolo era vuoto, le scale silenziose, l’ascensore fermo. Solo il fischio del vento e lo scrociare delle onde fuori. Scossa chiusi la porta dando doppia mandata e me ne tornai in camera. Sul letto, sopra il cuscino c’era un biglietto “Volevo solo darti il benvenuto”. Il giorno dopo lasciai quell’appartamento.”
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Non scrivevo qualcosa simile ad una mini storia da una decina d’anni, non so se sono riuscita a raggiungere il mio intento di farvi venire un brividino lungo la schiena, ma la storiella vuole solo essere un incipit alla domanda "perché nonostante la paura e quel senso di disagio continuiamo a vedere e leggere storie dell’orrore?" L’amore verso questo genere è antico come il mondo, da piccoli i nonni, le zie o i nostri stessi genitori ci raccontavano qualcosa di sinistro per farci stare in allerta verso ciò che poteva nuocerci nel quotidiano. Le loro storie erano un avvertimento a fin di bene.

Eppure però io ricordo che pretendevo da mio padre storie della buona notte con i vampiri come protagonisti e le sere d’estate vedevo di nascosto “Notte Horror” o le puntate di X-Files, quindi perché siamo così attratti dall’ignoto e dalla morte?

Tempo fa scrissi un articolo dove comparavo gli amanti del genere con chi fa sport estremi, sempre alla ricerca di adrenalina, solo che i primi restano comodamente sul divano, mentre i secondi la vita la sfidano sul serio.

Non è di certo una gara, ma solo una costatazione biochimica. Dopo un forte spavento, o una paura prolungata, il corpo rilascia adrenalina ed endorfine che danno un senso di appagamento e benessere seguito da un rilassamento muscolare e mentale, molto simile al rilascio che prova chi fa sport.

Ma veramente guardiamo anche tre ore di film per questo rilascio biochimico? Sì, ma ad aggiungersi ci sono ovviamente altri fattori.

Esempio quelli sociali e personali. 

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I racconti dell’orrore sono una finestra che guarda verso la terra ed il cielo svelando la vera natura degli esseri umani con le loro fragilità, le loro paure, i loro sogni, i loro deliri, la loro arroganza e sadismo. Ci pone davanti a domande esistenziali, ci svela il futuro che potrebbe capitarci se facessimo determinate scelte e si mette in contatto con l’ignoto che speriamo non esista, ma che sotto sotto ci affascina e ci chiama a sé. L’horror è uno specchio che prevede passato, presente e futuro e ce lo dona con crudeltà e poesia.

Sono arrivata alla conclusione che amiamo le storie dell’orrore non solo per esorcizzare il futuro o per elaborare il nostro vissuto, o per tenere sotto controllo i nostri passi,  ma perché di vivere non ne possiamo fare a meno, nonostante la follia di cui ognuno di noi è intriso non vogliamo abbandonarci ad un racconto dal finale incerto.



Noi pretendiamo delle risposte.

Dall’universo, dalla natura, dalla società, dalle persone che amiamo e perdiamo, da noi stessi e da questi vogliamo essere rassicurati che nonostante tutto andrà tutto bene e se non andrà tutto bene ci sarà un motivo, qualsiasi esso sia.


Il genere che ci abbraccia dicendoci l’amara verità ma non per questo meno poetica e sublime è solo ed unicamente quello dell’orrore.

 

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Foto: "Donna con Velo" originale di Flavia F. Le altre foto prese da Pinterest senza tag dell'artista

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